Per chiunque sia cresciuta con Q*Bert 🧡
Questa rubrica è anche spesso l’occasione per ricordare aziende e team di sviluppo che, a modo loro, hanno contribuito al successo del nostro hobby e che purtroppo non ci sono più: nel caso specifico si tratta di Gottlieb, prestigiosa casa produttrice di flipper statunitense che, negli anni '80, si è anche lanciata nel crescente mercato dei videogame producendo alcuni coin-op quantomeno interessanti. Titoli come Reactor e Mad Planets, sono infatti videogiochi ben fatti e divertenti, anche se è innegabile che a svettare sulla decina di titoli lanciati in sala giochi da Gottlieb sia uno in particolare, capace di superare la prova del tempo, assurgendo a vera e propria icona del divertimento elettronico: avete mai incontrato un certo Q*bert?
Siamo nel 1980 e Pac-Man di Namco ha già ampiamente dimostrato che, nelle sale giochi, c’è spazio per personaggi colorati che si aggirano per i livelli evitando nemici e svolgendo compiti semplici, si tratti di colorare il pavimento o raccogliere roba di vario genere. In particolare, tra le fila di Gottlieb un artista di nome Jeff Lee resta affascinato dai bellissimi disegni di Maurits Cornelis Escher, dedicandosi così a disegnare ambienti geometrici in cui ambientare un gioco e fornire così un’inedita “spazialità” all’esperienza. Una scelta stilistica che il programmatore Warren Davis abbraccia vivamente, piazzando un rotondo personaggio arancione con proboscide sui gradini delle strutture create da Lee.
A dire il vero, nell’idea iniziale dell’artista la proboscide in questione servirebbe al protagonista per sparare delle “palle di muco” contro i nemici, un’opzione che a Davis non piace, convinto che il gioco dovesse avere un sistema di controllo il più semplice possibile. La collaborazione tra i due scorre via liscia e così prende forma un videogame stilisticamente notevole e anche assai gradevole nel suo semplice ma accattivante gameplay. Nei panni dell’arancione Q*bert siamo impegnati a saltare su tutte le facce calpestabili dei cubi che compongono ciascun livello, colorandole al nostro passaggio. Manco a dirlo, lo scopo di ciascuno stage è proprio quello di colorare tutto il pavimento, ottenendo così accesso a quello successivo.
A complicare questa semplice passeggiata saltellante troviamo immancabilmente un bestiario che vuole far fuori il povero Q*bert, inseguendolo lungo i cubi e cercando di “toccarlo”. Da notare che mentre alcuni seguono quelle che paiono le normali leggi della fisica, altri saltellano in modo surreale sulle altre facce dei cubi, in uno schema di movimenti folli che renderebbe fiero il già citato Escher. Altri nemici particolarmente snervanti hanno anche l’abilità di cambiare colore ai cubi, costringendoci a seguirne le orme per riparare ai danni: per fortuna sono “scacciabili” dal livello semplicemente andandoci addosso (presuppongo che il nostro eroe gli tiri un pestone).